tutto ciò che è squisito matura lentamente

non sempre la gente è disposta a leggere più di una manciata di righe, men che meno quando raccontano di qualcosa che appartiene al quotidiano di molti ma che si fatica a voler vedere

premiando la leggerezza

ma se c’è una cosa sulla quale tutti quelli che mi conoscono si trovano d’accordo, è la mia propensione ad andare avanti

anche quando questo significa procedere in direzione ostinatamente contraria

e l’ho scritto, di quella volta in cui mi sono ritrovata da sola in un bosco, al buio

quando alzando gli occhi non riuscivo a trovare la stella polare per tornare a casa

ne ho scritto un piccolissimo passaggio che condensa in poche righe il sentiero che ho battuto in questi anni per trovare la mia strada

se solo avessi potuto leggermi anni fa, sono certa mi avrebbe aiutato e non perché io sia dotata di particolari abilità narrative, ma perché è quello che si cerca quando ci si perde: trovare le parole a cui attaccarsi prepotentemente con tutti i nervi e su quelli, far leva

e di come ne sia uscita con una tasca piena ed una vuota

quella piena pesante come i sassi al suo interno per ricordarmi che il più piccolo pezzo di pietra può farti inciampare e cadere a terra rovinosamente oppure guidarti come una briciola verso la strada: sta a te decidere cosa farne

in ogni caso, è un monile prezioso da conservare

e l’atra vuota, per continuare a raccogliere

ho adeguato il passo ma non l’ho fermato, ho allenato la mia lentezza ed alla fine, la mia stella polare, l’ho disegnata io

un piede dietro l’altro

Foglia dopo foglia, un paio di forbici vecchiotte da giardinaggio con il manico di un arancione un pò sbiadito ed una raccolta paziente a volta graziata dal sole, altre con gli scarponcini impantanati e le mani fredde.

E poi un tavolo troppo piccolo per contenere una lunga metratura di tessuto che aspetta solo di diventare.

È così che inizia questo viaggio: con un metro da sarta che ha visto decenni di tessuti abbozzare una metamorfosi, dono di una nonna che continuava a conservarlo in una scatola di latta che profuma di biscotti al burro solo a vederla.

Sul tessuto sono state disposte una alla volta foglie, steli spontanei e gli ultimi fiori della stagione nella continua e personale ricerca di tridimensionalità e di realismo.

Che vuole essere quello dei sottoboschi Appennini e delle foreste decidue sulle nostre colline: visti dall’alto, come fossimo in volo.

Ma anche dei sentieri più battuti, dei margini delle strade che percorriamo ogni giorno e che ci scorrono davanti ma sulle quali non fermiamo mai davvero il nostro occhio: visti da dentro,, come se li stessimo attrarresando.

L’album della storia de LE COCCOLINE ha il colore di un gesso da sarta celeste ed un pò sbeccato, il suono ritmico di forbici tanto grandi da faticare a stare in una mano ed il profumo delle foglie e dei fiori che hanno reso possibile quello che rimane ancora, anche per chi come noi lo ha vissuto ogni giorno di questi ultimi mesi, il più grande mistero alchilico di cui la Natura sa farci dono.

Il suo ultimo abbraccio prima del sonno invernale.

https://www.instagram.com/reel/ClJOg4oDyzw/?igshid=YmMyMTA2M2Y=

parte tre

la prima volta che ho provato a stampare ho raccolto una quantità incredibile di foglie e fiorì tanta era la smania di provare, di vedere cosa sarebbe successo dentro a quel pentolone

non mi curavo molto della parte più artistica della composizione: per lo più sperimentavo in termini di “questo si” o “questo no”

di base mi ritrovavo alla fine del tutto ad avere un eccesso di materiale che rischiava di andare sprecato e così ho fatto in modo che tutto ciò che avevo (con poca attenzione) colto in più non andasse perso inutilmente

ho iniziato a pressare: per conservare, per riutilizzare e per imparare

a cogliere con più attenzione solo ciò di cui ho realmente bisogno, poco alla volta e con una maggiore riflessione in termini di spreco

e di composizione sulla tela

perché adesso che sto affinando meglio il mio personale tocco, il mio timbro artistico, raccolgo in modo molto diverso: più attento e consapevole

e questo mi fa sentire meglio, meno colpevole, più sincera e mi auguro che questo si rifletta anche in ogni bundle che srotolo e che qualcuno sceglierà

🍃 cotinus coggygria

parte due

quando ho intrapreso il mio percorso di studio dell’ecoprint ciò che più ambivo era arrivare alla stampa perfetta

mi guardavo molto attorno e mi ero focalizzata su alcuni risultati ottenuti dai migliori del campo e di quelle immagini avevo fatto il mio principale obiettivo

ho iniziato a provare sulle mie prime tele di cotone e su un lino grezzo sempre con l’aspettativa di arrivare velocemente al risultato sperato

la complessità in questa tecnica di lavorazione sta nella sua grande instabilità: ci si può aspettare, con l’esperienza, un certo tipo di “risposta pianta-tessuto” ma il vero risultato lo si scopre solo alla fine

e così per ogni tela che mi rendeva soddisfatta di ciò che avevo ottenuto ce n’erano almeno altre tre che proprio avrei voluto non aver mai prodotto: sbavate, indefinite, davvero poco presentabili

non le avevo buttate anche se avrei potuto farlo, le tenevo lì con tutte le altre, quelle belle, tutte ripiegate insieme in bella vista

e quando ho compreso che il mio errore era l’aver cercato di saltare tutti i passaggi che solo con l’esperienza mi avrebbero portato a poter realizzare la stampa perfetta, ho deciso di riprendere in mano tutto e ripartire

la stampa perfetta non l’ho ancora ottenuta, anche se ci sono pezzi dei quali vado enormemente fiera, ma posso dire di aver imparato a riconoscere gli errori che continuo a commettere tanto che a volte mi sembra quasi di saper più cose su quelli che sul resto

sono ancora in cammino ma stavolta sento di essere sul sentiero giusto

[1] una parte del mio archivio personale
[2] acero saccarino sbavato su lino per coperta troppo umida
[3] pruno dal lato del sole su seta
[4] sfondo troppo scuro per coperta ferrosa troppo carica

parte due

si può imparare poco in molto tempo o al contrario imparare molto in pochissimo e generalmente la differenza la fa il come, non tanto il cosa

ecco questo è uno dei pochi concetti che in un qualche modo ho appreso in poco e che riconfermo da un tempo che non so quantificare

ho imparato che ci sono tante cose puoi pensare di non saper fare fino a che non scopri che bastava provare

e spesso sono state le cose che ritenevo più difficili e lontane da me a farmi ricredere: sono state le strade che non pensavo di poter percorrere quelle che ho battuto

come il marrone ed il nero che per me sono sempre stati un pugno in un occhio e che adesso non so, hanno un fascino diverso ogni volta che li vedo vicini

spesso li mischio e mi piace così perché da loro ho imparato un concetto fondamentale: non c’è niente di meglio dell’essere fermamente convinti della propria idea

e poi capire di essersi sbagliati ed invertire la rotta

e che se ancora non so cosa sarò da grande ma ho una gran voglia di giocare, di capire, di provare, di sbagliare e di rifare forse non dovrei preoccuparmi

forse ho semplicemente trovato il mio “come”

[continua nei prossimi giorni nel prossimo post]

🌿ailanto in combo forte

parte_uno

è nato tutto un po’ alla volta, come quando ci si innamora: prima lentamente, ci si fanno mille domande per poi scoprire che ci si pensa continuamente ed allora tutto scorre ad un ritmo più veloce

ed allora vorresti avere infinite ore libere per dedicarti solo a quello

se dovessi dare una misura precisa (in termini temporali) di quando ho iniziato ad interessarmi seriamente all’ecoprinting ammetto faticherei a darne una definizione esatta

la verità è che da tempo collezionavo immagini salvate qua e là e mi dicevo che si, quella non era solo una delle più affascinanti ed interessanti cose che avrei voluto conoscere e capire, ma che era (e per me lo continua ad essere ogni giorno di più) una forma di linguaggio, di comunicazione che avrei voluto imparare a parlare

e questo mi faceva sentire al tempo stesso euforica e spaventata: la verità è che, proprio come negli innamoramenti, avevo paura

che fosse troppo difficile, che fosse una cosa per pochi in un mondo troppo grande, di non essere capace

avevo paura del giudizio degli altri e di non riuscire e questo mi bloccava

e per un po’ ho continuato a collezionare foto, a salvarmele in una cartella, a pensare che sarebbe rimasto solo quello: un archivio da sfogliare da fuori e basta

poi un giorno, non so né quando né come, mi sono detta che dovevo ragionarla in modo diverso: dovevo smettere di aspettarmi di riuscire e dovevo iniziare a provare ed a sbagliare

ho iniziato a fare ricerca, a studiare (tanto tanto tanto) e ad investire tempo ed energie in modo diverso, più produttivo

sicuramente non avrei ottenuto ciò che volevo al primo colpo ma avrei imparato comunque qualcosa di fondamentale: se non potevo realizzare una stampa come quelle che sfogliavo avidamente avrei di certo appreso come non ottenerne una e da lì avrei dovuto ricalibrare il tiro

ed è stato così che lentamente mi sono spostata da dove mi ero scomodamente seduta

ma il cosa ed il come ve lo racconto la prossima volta

sinestesia

se penso alla parola felicità la immagino arancione🧡

se penso alla parola NATURA la immagino di un verde oliva, aldilà che i panorami siano di montagna, di mare o di collina

il SABATO per me è di un color azzurro cielo e questo a prescindere dalla stagione

questa forte associazione espressiva tra le parole parole e le sfere sensoriali come ad esempio il colore, si chiama #sinestesia ed è una cosa che mi accompagna da che ne ho memoria

per me tutto ha un colore: le parole, le lettere e più di tutto i numeri

e quella che credevo una mia stranezza (e tenevo per me) ho scoperto invece essere un’impronta digitale molto diffusa tanto che, quando mi capita, mi fa sorridere

perche alcune volte ritrovo i miei stessi colori, altre scopro nuove palette

voi la conoscevate?
vi capita mai di associare a qualcosa un colore o una sensazione palpabile?
vi va di raccontarmene qualcuna?

non solo qui ma anche sotto al post su Instagram!

io ad esempio se penso ai SABATI NEL FOSSO di Natura Maestra detti così, tutto insieme, penso al ROSSO

forse proprio perché è il colore della passione, dell’amore, delle ciliegie e del martedì (che non c’entra ma che è comunque rosso)

❤️

Ps: il lunedì è marrone, ma è solo un puro caso😝

non ho mai smesso di annusare

i miei nonni materni hanno sempre avuto un maglificio, uno di quei laboratori di artigianato dove ha inizio la fabbricazione degli indumenti di maglia.
Era il loro lavoro di una vita.
Li ricordo chini tra i telai rumorosi ad annodare i capi delle rocche di filato o sui tavoli luminosi intenti a controllare che i teli non avessero punti mancanti.
A volte ci adoperavamo anche noi piccoletti, a modo nostro, reggendo in mano parti di quei teli in attesa che un macchinario a dir poco bizzarro li sfilasse completamente per ricompattarli in nuovi rocchetti da riutilizzare.
Quando da piccola passavo qualche settimana estiva in vacanza da loro insieme ai fratelli ed i cugini non mancava mai la ricerca furtiva di qualche pezzo di telo nel cestone degli scarti.
Quei cestoni profondi con le ruote anche troppo piccole spesso bloccate da qualche matassa di filo arrotolato per caso nello spostamento da una stanza all’altra erano per noi la panacea dei nostri giochi in giardino.
Sotto ad un semicerchio di pini alti trascinavamo e tendevamo capanne fatte di teli spesso impolverati e pieni di aghi di pino, erba e pezzi di muschio.
Troppo pesanti per il caldo umido della pianura reggiana, con quel caratteristico odore di filato che solo chi è mai entrato in un maglificio può riconoscere e comprendere.
Mai avrei pensato che, da grande, alla fine sarei tornata a quello che facevo da piccola.
In misura diversa, dentro a scarpe diverse.
Alla fine sto tornando (in parte) da dove ero partita e forse è per questo che non ho mai smesso di annusare i tessuti, come a ricercarne un odore famigliare.
Per riconoscere il mio posto.

#ecoprinting

natura maestra

qualcuno disse

per compiere grandi passi non dobbiamo solo agire, ma anche sognare

non solo pianificare, ma anche credere

quando abbiamo preso in mano questo progetto, tanta gente ci ha sostenuto, chi entrando in punta di piedi e chi correndo.

perché Natura Maestra?

perché la natura è maestra di vita, lo è da sempre, semplicemente a volte tendiamo a dimenticarcene.

la natura, con i suoi ritmi, con il suo linguaggio, con la sua imparzialità anche, è educatrice, è maestra appunto.

vi siete mai fermati ad osservare come giocano i bambini quando sono davvero liberi?

quando possono fermarsi con i piedi a penzoloni su un albero o chini dentro ad un fosso?

giocano in modi totalmente diversi, con tempi completamente diversi: alcuni di loro non sanno nemmeno salirci su un albero, altri impiegheranno giorni o settimane di prove, altri ancora l’albero nemmeno lo guarderanno.

eppure ognuno di loro sta scoprendo qualcosa, sta facendo un esperienza che le o gli insegnerà qualcosa che porterà con se per sempre: ci sta prendendo le misure.

con se stessa o se stesso ed il Mondo intendo.

la natura non è imparziale, nemmeno noi lo siamo fino in fondo.

ma la natura restituisce a chi la ascolta, la comprende e la rispetta, il tempo, il fascino, la fame di ricerca, il sogno e lo stupore.

in poche parole, noi stessi.

la natura è maestra perché la natura ci restituisce a noi stessi.

se sappiamo abbracciarla ed accoglierla, e questo lo sappiamo fare da sempre, semplicemente a volte tendiamo a dimenticarcene.

ringraziare chi ci ha sostenuto ed ha creduto e credo in noi, ci sembrava più che doveroso e da mesi tenevamo per noi questo video, indecisi se pubblicarlo o meno.

avevamo paura fosse interpretato come qualcosa di auto-celebrativo, che non fosse compreso.

ed invece è stato da subito amato, ed ora è anche qui, per essere di tutti.

Natura Maestra è un progetto promosso da L’Indaco atelier di ricerca musicale ed espressiva

a cura di Mimmo Spaggiari e Elizabeth Tagliavini, atelieristi

seguici attraverso i nostri canali per rimanere aggiornato sulle prossime iniziative:

http://www.lindacoatelier.it

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l’Indaco Atelier di ricerca musicale ed espressiva ONLUS vi aspetta a Reggio Emilia in via Aristide Gabelli 12 nella cornice del parco delle Acque Chiare