non ho mai smesso di annusare

i miei nonni materni hanno sempre avuto un maglificio, uno di quei laboratori di artigianato dove ha inizio la fabbricazione degli indumenti di maglia.
Era il loro lavoro di una vita.
Li ricordo chini tra i telai rumorosi ad annodare i capi delle rocche di filato o sui tavoli luminosi intenti a controllare che i teli non avessero punti mancanti.
A volte ci adoperavamo anche noi piccoletti, a modo nostro, reggendo in mano parti di quei teli in attesa che un macchinario a dir poco bizzarro li sfilasse completamente per ricompattarli in nuovi rocchetti da riutilizzare.
Quando da piccola passavo qualche settimana estiva in vacanza da loro insieme ai fratelli ed i cugini non mancava mai la ricerca furtiva di qualche pezzo di telo nel cestone degli scarti.
Quei cestoni profondi con le ruote anche troppo piccole spesso bloccate da qualche matassa di filo arrotolato per caso nello spostamento da una stanza all’altra erano per noi la panacea dei nostri giochi in giardino.
Sotto ad un semicerchio di pini alti trascinavamo e tendevamo capanne fatte di teli spesso impolverati e pieni di aghi di pino, erba e pezzi di muschio.
Troppo pesanti per il caldo umido della pianura reggiana, con quel caratteristico odore di filato che solo chi è mai entrato in un maglificio può riconoscere e comprendere.
Mai avrei pensato che, da grande, alla fine sarei tornata a quello che facevo da piccola.
In misura diversa, dentro a scarpe diverse.
Alla fine sto tornando (in parte) da dove ero partita e forse è per questo che non ho mai smesso di annusare i tessuti, come a ricercarne un odore famigliare.
Per riconoscere il mio posto.

#ecoprinting

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