eccomi qua dopo un tempo indecifrabilmente lungo e vuoto, davanti a questo schermo intonso nella sua luce blu dove il cursore che lampeggia mi ricorda che sta a me adesso, dar forma alle parole.
ed eccomi qua a riflettere su quel vuoto lungo, dormiente, silenzioso, che in questi mesi ha lasciato spazio in queste pagine solo a vecchie riflessioni e ricordi passati.
ed eccomi qua a mettere nero su bianco qualcosa che volevo scrivere da tempo ma che non potevo fare, per rispetto delle persone, dei modi e dei tempi.
in un epoca come la nostra nella quale siamo svezzati da migliaia di informazioni veloci, fredde, che fagocitiamo senza ritegno, dove si condividono storie e messaggi ma ci si interroga sempre poco sui nostri valori, ho scelto la calma.
lo spazio bianco, silenzioso.
l’attesa che tutto arrivasse al momento giusto, nei modi giusti ed agli ascoltatori giusti.
ed ora sono pronta a scriverlo anche qua.
e per farlo vorrei riprendere una riflessione che condivisi mesi fa e he sento di sposare appieno:
Avere il coraggio di ricominciare, vuol dire riconoscere che nella vita ci sono le marce in avanti, poi c’è il folle e poi ci sono anche le marce indietro: questa è l’esistenza. Questo tipo di coraggio ci serve per non restare fermi, è quel goccetto d’olio che mettiamo sopra il meccanismo per farlo girare, anche quando è arrugginito. Dopo una caduta c’è sempre una risalita, quindi bisogna avere la forza di pensare che non si inizia e non si finisce, ma che si inizia, si sbaglia e si ricomincia. Gli errori, le sconfitte possono essere fonti di grandi e importanti lezioni, perché chi non sbaglia, vuol dire che non fa e non agisce. A mettere paura è il cambiamento, perché siamo tutti un po’ dei conservatori, ma adottare questo comportamento è come trascorrere la propria vita in cantina. Oltre a questo effetto collaterale, s’innesca anche un altro meccanismo deleterio: si pensa che sia meglio non cambiare e quindi pur di non farlo, si accettano dei compromessi, si abbassa il livello delle proprie aspettative e ci si adegua. Invece bisogna sforzarsi e non rinunciare mai ai propri obiettivi. Alla luce dei fatti, spesso le situazioni che sembrano negative in realtà sono il trampolino di lancio per tante altre cose più appaganti e soddisfacenti. Tutte le ripartenze iniziano dall’autostima e questo vuol dire vedere e permettersi scenari differenti, scegliere anche strade professionali nuove, sperimentarsi in mestieri diversi. Serve il coraggio di reinventarsi, anche per capire quello che a noi è più adatto. Perché nulla accade a caso. Come scriveva Hernest Hemingway: “ Il mondo spezza tutti quanti e poi molti sono più forti nei punti spezzati”.
Se ci pensiamo, è una regola del nostro organismo: l’osso è più forte proprio dove si è rotto”.
e dunque eccomi qua a scrivere.
perché la scrittura mi ha sempre aiutato a riflettere meglio sulle cose, su quel mio IO PENSANTE che tengo a volte chiuso a chiave nel più recondito sgabuzzino, per evitare di sentire il suo borbottare continuo a tutte le ore del giorno e della notte.
perché da queste pagine sono nati gli spunti migliori di questi anni, ed è da qui che vorrei ripartire.
come quando si cercano i legami più forti, per darci sicurezza e protezione quando ci sentiamo fragili.
ma partiamo dall’inizio, anche se a piccoli passi.
nella mia giovane esperienza di mamma mi sono sempre posta un sacco di domande cercando di arrovellarmi sulle risposte, sulle possibilità e su tutto quello in cui noi donne siamo abili imprenditrici: le pippe mentali.
mi sono sempre chiesta se i miei figli avessero ancora fame o avessero mangiato a sufficienza.
se mancasse loro qualcosa, e cosa fare per farli stare meglio (che poi meglio di cosa?).
se li amassi abbastanza, se fossi abbastanza.
se avessero freddo o caldo di notte, controllando la loro temperatura con la mano sotto le coperte.
se in spiaggia non ci fosse troppo caldo per loro, se la protezione solare fosse abbastanza efficace e ogni quanto spalmarla nuovamente.
se le scarpe fossero della misura giusta per farli camminare agevolmente senza inciampare.
se la giacchetta impermeabile fosse abbastanza impermeabile, se quella antivento fosse abbastanza antivento, se la sciarpa li avvolgesse a sufficienza attorno al collo per scongiurare quella tosse fetente che ci colpisce sempre la sera, nel weekend.
e le cinture nel seggiolino in macchina, le tendine parasole, l’aria condizionata che condiziona troppo il mio mal di testa, il finestrino abbassato che però fa corrente ed è peggio, insomma una vera condanna.
e non solo per me stessa, ma per loro e per quel sant’uomo che mi deve compatire ogni volta ricordandomi quanto io sia pesante nel mio eccesso di premura.
e non ho mai avuto risposta a tutte queste domande se non, un bel pomeriggio, Alessandro (3 anni compiuti da poco) mi ha freddato dicendomi: come sei pesa mamma!
e se già da tempo nasceva dentro me e si faceva spazio una considerazione, quella fu la chiave di svolta per tutte le risposte che non avevo mai avuto e che mai avrò.
e dunque ho riflettuto sulle origini di questo mio impetuoso fiume di premura e di ansia da prestazione: per lavoro (del quale non parlo mai per rispetto) sono sempre stata abituata a dare il massimo delle mie risorse fisiche e mentali, spesso trattenendomi oltre i miei orari se necessario.
e questo mi porta a dover scegliere tra i miei figli e la mia occupazione.
dedicandomi al lavoro tolgo un pò del mio tempo a loro, dedicandomi a loro tolgo tempo al lavoro (che nel mio caso è un pò complesso da spiegare…).
arrivare a casa già prosciugata di tutto, spazientita, irritabile, stanca.
e loro pieni di vita, di energia, di cosa da fare, di cose da dire, di voglia di non andare a letto mai per rubare tutti i minuti possibili per stare insieme, in modo chiassoso, caotico, movimentato.
ed allora ho avuto da me una sola strada possibile: smettila di farti domande inutili e fermati ad ascoltare le risposte che ti arrivano giorno per giorno, attimo per attimo.
ed ho preso la mia decisione.
Avere il coraggio di ricominciare, vuol dire riconoscere che nella vita ci sono le marce in avanti, poi c’è il folle e poi ci sono anche le marce indietro: questa è l’esistenza. Questo tipo di coraggio ci serve per non restare fermi, è quel goccetto d’olio che mettiamo sopra il meccanismo per farlo girare, anche quando è arrugginito. Dopo una caduta c’è sempre una risalita, quindi bisogna avere la forza di pensare che non si inizia e non si finisce, ma che si inizia, si sbaglia e si ricomincia.
mi sono armata di una dose equivalente di coraggio e di sfrontatezza (di quella sana pazzia che ti fa fare incredibilmente la cosa giusta al momento giusto) e MI SONO LICENZIATA.
ho lasciato il lavoro che ha dettato i tempi della mia vita in questi ultimi 14 anni.
il lavoro che mi ha programmato la sveglia ogni giorno, il tragitto in auto, l’abbigliamento, il modo di comunicare e di non comunicare.
il lavoro al quale però non ho mai permesso di programmare la mia scelta di diventare mamma (due volte), il colore dei mie capelli (quanto ho amato quel rosa…), le mie ambizioni della vita, il mio modo di essere mamma.
sono stati mesi duri, difficili, nei quali ho visto davanti a me crollare gli investimenti di una vita, i sacrifici, le scelte fatte in anni ed anni, il mio tempo.
mesi nei quali ha prevalso un fortissimo sentimento di fallimento e di inadeguatezza.
ma poi mi sono ascoltata, ho messo per un attimo in pausa il mio IO PENSANTE per lasciare spazio al mio IO ISTINTIVO e ho fatto due chiacchiere tra me e me.
ed ho capito che nella vita i fallimenti sono altri.
che ho fatto ciò che in quel momento, in quel tempo, in quel luogo amavo e credevo migliore e per la prima volta ho guardato tutto questo come un bellissimo capitolo pieno di ricordi ed insegnamenti, che si chiude.
no, come molti non sono nella condizione economica di poter fare questo azzardo con serenità, ma ho accantonato per un attimo le paure e le ansie (che nella vita ahimè ho dovuto sperimentare sulla mia pelle accanto a mio figlio e che sono ben altre!) per inseguire un orizzonte nuovo.
non so cosa mi riserverà il futuro ma io sono aperta ad accogliere ciò che arriverà e ad andare a caccia di tutte le possibilità che troverò davanti a me: non ho paura di mettermi alla prova, ora non più.
e la mia famiglia, in tutto questo è stata fondamentale: dai miei genitori, ai mei fratelli, al mio prossimo futuro marito, persino i miei figli.
che hanno atteso pazientemente, mi hanno guardato in silenzio soffrire e sapevo che soffrivano come me dentro di loro, che mi hanno incoraggiato a da andare avanti sempre e ad inseguire il mio sogno rinunciando a tutte le certezze se quello era ciò che sentivo dentro di dover fare.
si sono fidati ciecamente di me, dei miei silenzi e delle mie paure, ma soprattutto della mia capacità (che è costata tempo, sacrificio e tante lacrime) di capire cosa per me fosse meglio e smetterla di domandarmi “cosa gli altri diranno?”.
a loro devo un ringraziamento enorme perché nulla sarebbe stato quello che è stato se non li avessi avuti vicino e stare vicini, è un atto di grandissima fede e forza.
grazie alla mia famiglia per avermi cresciuto da persona libera e aver sempre sposato le mie scelte incoraggiandomi.
grazie ai miei fratelli che non hanno mai giudicato ma conoscendoli si saranno preoccupati un sacco.
grazie alle mie amiche (che fanno parte della mia famiglia) per avermi ascoltavo quando parlavo e quando me ne stavo in silenzio, per avermi ricordato quanta testardaggine, quanto coraggio e quanta forza ho dentro.
grazie alle mie colleghe che, nonostante le lacrime, mi hanno lasciata andare con un sorriso capendo ed accettando le mie motivazioni e la mia scelta.
grazie a Nabile, che in questi giorni vedo sempre più pensieroso ma che non ha mai smesso di ripetermi quanto sia orgoglioso del grandissimo cambiamento che sto affrontando.
e non ultimi grazie ai miei figli che mi accolgono ogni mattina ed ogni sera con un sorriso, come la prima volta che ci siamo visti nella nostra vita, al loro entusiasmo, al loro amore smisurato ed incondizionato devo le boccate d’aria che sono riuscita a prendere durante questa lunga apnea.
in particolare a Nicolò che nei suoi 5 anni, alla mia notizia che sarei per un pò rimasta a casa e che avrei cambiato lavoro per fare un pò di più la mamma mi ha fissato dapprima serio, in silenzio, pensieroso e forse anche dubbioso, poi ha allargato le labbra in un sorriso e mi ha detto
“finalmente mi porterai tu a scuola la mattina come le mamme dei miei amici!”
e non serve dire altro…
ma grazie lo dico anche a me, anche se al termine di questo scritto fiume, in fondo a tutti.
ai piedi della pagina, che come i miei, immagino piantati a terra, scalzi, per sentire il terreno sotto.
sono qui, adesso.
alla mia caparbietà devo le mie conquiste più grandi.
alla mia sensibilità devo gli ascolti migliori ai quali mi sono allenata e le parole che ho scritto su questo foglio bianco che splende di luce blu.
alla mia speranza devo la forza di non aver mollato mai, di non aver accettato di arrendermi quando sarebbe stato facile farlo (e forse anche più conveniente).
alla mia forza di volontà, di cambiare orizzonti, panorami, tragitti ed orari, auguro il meglio.
dopo un tempo indecifrabilmente lungo e vuoto, davanti a questo schermo intonso nella sua luce blu dove il cursore che lampeggia mi ricorda che sta a me adesso, decidere se proseguire o fermarmi.
davanti a questo schermo che ho fissato tutta la mattina, dove sono tornata e dove sono felice di essermi fermata.
Serve il coraggio di reinventarsi, anche per capire quello che a noi è più adatto.
Perché nulla accade a caso.
buona vita a me e se il “caso” vorrà, sono qui che lo aspetto.
nel frattempo, me la vivo.